Monte Pozzoni

Gli altri Reatini...
Di nuovo su quella piccola montagna dal profilo accattivante; per anni mi ha incuriosito quando percorrevo il rettilineo da Posta verso Ascoli e poi le sue linee eleganti e semplici mi hanno fatto innamorare. Un pezzo di Svizzera dietro Cittareale, una montagna a metà tra Lazio ed Umbria, 1903 metri di assoluta bellezza.


Finalmente fuori dai confini di regione, si torna alla quasi normalità ma scegliamo di rimanere lontani dalle grandi montagne, in tempi di tana libera tutti i Sibillini e il Gran Sasso verranno presi d’assalto, preferiamo i reatini e comunque lo stesso lontani dal Terminillo, l’elegante monte Pozzoni ci è sembrata la scelta migliore. Da tempo desideravo tornarci, quando percorro la Salaria mi è impossibile non buttarci un occhio e sentire il bisogno di risalirlo, dalla val Rufo, poco sopra Cittareale, valle diritta e stretta dove tutte le linee portano a quella piccola vetta che la chiude, trovo sia un delle montagne più eleganti del nostro territorio, linee semplici, quasi scontate, la montagna come la disegnerebbe un bambino, con la neve o con il verde della primavera è uno scrigno incantevole. Primo Maggio, contavo sul meteo e su una meravigliosa giornata limpida, assolata e dagli orizzonti vastissimi, il Pozzoni ha una posizione invidiabile centrale come è a tanti gruppi montuosi e nonostante i soli 1903 mt il panorama che si gode dalla vetta è notevole; ma così non è stato, poche ore di cielo quasi azzurro e molte velature, poi col crescere della giornata siamo andati incontro ad un progressivo annuvolamento, di quelli che non ti fanno manco percepire le nuvole, a metà tra nebbia e nuvolaglia e per finire, per fortuna quasi vicini al rientro, non è mancata la pioggia; manco a parlarne per le viste, Sibillini, Laga e Terminillo, i più vicini, erano sagome quasi informi, sagome indistinte che chiudevano gli orizzonti e si confondevano col grigio del cielo. Peccato, alla fine della giornata la voglia di questa montagna era la stessa di quando ho parcheggiato l’auto la mattina, significa che non troppo tardi ci si tornerà e sarà per un anello che ho individuato e che salterà completamente la val Rufo, anzi gli girerà intorno. L’escursione di oggi: superiamo Cittareale per un paio di chilometri e parcheggiamo accanto alla piccola abetaia dove si apre e spalanca la val Rufo, il Pizzone è giù in fondo, chiudere la valle, linee semplici ed eleganti, quota 1150 circa. Un cancello in filo spinato, di quelli col legaccio per tenerlo in piedi sbarra l’accesso, non è facile districarsi in un manufatto che sta su per miracolo e casca in ogni direzione, una palina dà i tempi per la sorgente Rufo e per il Pozzoni ma accanto un’altra segnala che dove stiamo entrando è zona concessa alla caccia al cinghiale, una genialata di gestione del territorio. Una brecciata ampia segna il percorso, in leggera salita si inoltra al centro della valle poco a sinistra del letto del fiume Velino, rumoroso ma qui, vicino alle sorgenti, poco più di un fosso; dopo un chilometro compie una leggera deviazione sulla destra e attraversa il Velino, regimentato dentro dei tomboli per lasciare la carrabilità, prima di perdersi in uno spiazzo erboso dove poco più in la sorge fonte Rufo; da qui in avanti la valle prende il toponimo dalla montagna e diventa valle Pozzoni, inizia a salire e dopo poche centinaia di metri il sentiero si stringe ed inizia a salire con più decisione dentro il bosco, l’alveo del fiume Velino ora ce l’abbiamo a sinistra, un rigagnolo compare e scompare sotto ciò che rimane delle nevicate di quest’inverno, il più delle volte nemmeno visibile ricoperto come è da un cospicuo manto di foglie secche. Poco più di un chilometro di bosco, qualche piccolo strappo fino ad uscire intorno quota 1650mt nei pressi di fonte Pizzone ormai divelta e poco più di un rudere (+1,35 ore). Ampio l’anfiteatro del Pozzoni, la vetta centrale rispetto al contesto è un insieme di tre elevazioni rocciose che si alzano repentine sopra il catino erboso. Il sentiero taglia nel centro dell’anfiteatro, si divide in varie tracce ma quella principale, che seguiamo devia presto sulla sinistra, con un paio di tornanti e lunghi traversi raggiunge la cresta Nord, che più o meno coincide col confine di regione con l’Umbria; sul filo di cresta, accanto ad una recensione in filo spinato fatiscente ed anche pericolosa, si salgono gli ultimi cento metri di dislivello fino a raggiungere la vetta dove sorge una piccola croce (+1 ora). Da dire che la vetta ricade, anche se per una manciata di metri, in territorio umbro. Il versante Nord è ancora innevato, la neve marcia sfiora la cresta e copre il tratto di pendio più ripido per circa un centinaio di metri, i Sibillini e la Laga che da qui normalmente si riescono ad apprezzare in tutto il loro profilo quasi non si vedono, come del resto accade anche al Terminillo ad Ovest, al Cagno e alle prime montagne del Velino ancora più a Sud, ben definito solo il vicino e anonimo monte Boragine. E’ comunque piacevole rimanere una mezz’oretta in vetta, in silenzio, a far andare lo sguardo sopra le tonde piccole montagne che si susseguono fino a Forca Canapine, sulla sinistra si apre l’ampia piana di Norcia, grumi di case qua e là formano un presepio tra le minuscole valli e le piccole piane che solcano il territorio umbro. Ad Est il lago di Scandarello e Amatrice si confondono anche loro nell’insolita bruma del primo maggio. Decidiamo di non rientrare per la via dell’andata, preferiamo scendere alti sul lato destro fino a raggiungere i Peschi dell’Aquila, i due torrioni quasi dolomitici che si impongono quando ci si avvicina alla valle ancor prima del Pizzone e da lì cercare poi una traccia per rientrare. Molto carina la linea di cresta che raggiunge il più irto dei due speroni, il primo che si raggiunge provenendo dal Pizzone, si assottiglia gradualmente e dopo aver virato a sinistra raggiunge la cima del peschio con una traccia sottilissima che supera una piccola selletta; molto panoramico, adrenalinico quanto basta nell’avvicinamento, le linee scendono repentine e verticali tutto attorno il pochissimo spazio di vetta (50 min.). Si torna indietro per la sottile linea di cresta e subito si scende per andare ad intercettare la traccia che raggiunge la sella tra i due peschi; il secondo, più basso e tozzo precipita verticale solo nel versante che aggetta a valle; dalla sella, dove un fulmine ha “frantumato” un grosso faggio in tanti piccoli pezzi, non si raggiunge la cima ma si aggira tagliando il versante Ovest, la traccia si perde tra le tante degli animali e tra i gradoni che ogni tanto scompongono il versante. Raggiungiamo di nuovo il profilo di cresta che precipita dentro valle san Rufo e seguendone più o meno il profilo si prende a perdere quota sulle tante gobbe erbose che fanno degradare il versante verso valle, non esiste più una traccia, di fatto è comunque inutile e si viaggia per linee logiche su pratoni più o meno ripidi colorati da belle fioriture di Orchidee Sambucine, di Genziana Verna e dai primi Nontiscordardime; a salti si continua a perdere quota, begli spiragli si aprono sulla parte bassa di valle San Rufo fino a Cittareale. Si potrebbe continuare fino ad abbassarsi completamente e raggiungere la statale Umbra ma più o meno di fronte alla fonte Rufo che è ben visibile dall’alto decidiamo di scendere dentro la boscaglia rada che dà sulla valle stessa. Il versante è a tratti ripido e sconnesso ma si trova sempre una qualche linea da seguire e atterrare a valle è quasi semplice; l’ultimo chilometro lo percorriamo sotto una leggera pioggia che termina solo quando arriviamo alla macchina (+1ora). Ci vogliamo riprendere anche la bella abitudine di chiudere la giornata intorno ad un tavolo e senza aver prenotato troviamo posto all’agriturismo di Lu Ceppe di Cittareale (in questo caso il primo Maggio nefasto dal punto di vista meteorologico ci è stato propizio), ci sistemiamo all’aperto, sotto una tettoia, inizia a piovere e tirare anche vento; coperti con pile e guscio, manco fossimo in un rifugio a 3000mt, non è troppo freddo e riusciamo comunque a gustarci il momento che sarà in ogni caso da ricordare. Non so quando, sicuramente non troppo lontano nel tempo tornerò sul Pizzone, scegliendo una giornata sicura meteorologicamente parlando, un anello sarà, aggirando e viaggiando alti sopra valle San Rufo, poco sopra Cittareale si salirà per monte Prato e da lì ormai in quota raggiungeremo il Pizzone, la discesa sarà per la stessa via di oggi.